Intervista con Stefania Prandi : Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta |
![]() |
![]() |
![]() |
Scritto da Chiara Marcon |
Mercoledì 16 Settembre 2020 11:52 |
Incapaci di affrontare il dolore e la sconfitta, eliminano la fonte della loro non realizzazione, e ogni giorno in Italia e nel mondo tante donne vengono uccise per mano di quell’amore che tanto avevano cercato nella vita. Un attimo, un raptus di follia porta via tutto ma lascia ai parenti delle vittime un gran peso vivere senza di qualcuno che amavano più di loro stessi cosi genitori, figli e di conseguenza orfani, si trovano a dover combattere contro una giustizia che sembra stare dalla parte opposta e da una società piena di luoghi comuni, che odia le donne e non c’è rispetto per il lutto e nemmeno per la sua elaborazione. Stefania Prandi, nel suo ultimo libro “ Le conseguente “, da voce a chi resta dopo un femminicidio, come sopravvive chi deve dare giustizia a qualcuna che da sola non c’è l'ha fatta. Con un’analisi delicata, la scrittrice, entra in punta di piedi nelle vite spezzate di queste donne, e lascia ai parenti dare voce ai ricordi e alla speranza comune, una giustizia più adeguata, pene certe e severe, e vivere il ricordo del sorriso di una figlia o di una madre tramite le pagine di un libro, che da ad una storia anche una dignità, che la società toglie alle donne ogni giorno. Ad oggi alle donne non è consentito dire no, dire basta, dire è finita, dare il diritto di non morire per “amore” di quell’amore che non hanno ancora trovato nella vita. Leggendo le pagine di questo libro, da madre mi sono anche chiesta che tipo di maschi cresciamo ed educhiamo. Li priviamo della loro sfera emotiva, li viziamo, li facciamo vivere in un mondo senza no, ecco perché poi da adulti non sanno lasciare andare una donna che vuole solo vivere la propria vita, libera di decidere con chi e dove….alla ricerca di un amore nel quale morire ogni giorno. Intervista:
In Italia viene assassinata, in media, una donna ogni sessanta ore e mentre il numero degli omicidi diminuisce, quello dei femminicidi, in proporzione, aumenta e rappresenta quasi il 40% del totale. La narrazione mediatica dei femminicidi, termine con cui si intende la morte o la sparizione di una donna a causa del suo genere di appartenenza, del suo essere donna, per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso del possesso, è relegata in genere alla cronaca nera e a un modo morboso di riportare le notizie. Ho pensato che fosse necessario trovare delle chiavi diverse per descrivere il fenomeno della violenza estrema contro le donne. Ho quindi deciso di concentrarmi sulle conseguenze dei femminicidi sulle famiglie, prime cellule della società, e sulla società nel suo complesso. A pagare le conseguenze di questi crimini sono madri, padri, figli, sorelle, fratelli. A loro restano i giorni del dopo, i ricordi immobili appesi ai muri, trattenuti dalle cornici, impressi nei vestiti impolverati, le spese legali, i ricorsi, le maldicenze nei tribunali, le giustificazioni. Sempre più familiari intraprendono battaglie quotidiane, piccole o grandi, a seconda dei casi. C’è chi scrive libri, organizza incontri nelle scuole, nelle piazze, lancia petizioni, partecipa a trasmissioni televisive, raccoglie fondi per iniziative di sensibilizzazione, fa attivismo online. Lo scopo è dimostrare che quanto si sono trovati a vivere non è dovuto né alla sfortuna né alla colpa di chi è stata uccisa, ma ha radici culturali ben precise. La reazione all’infinito dolore individuale, che da personale diventa politico, fatica a essere riconosciuta a livello istituzionale e mediatico. Eppure sono in molti a non smettere di combattere contro l’invisibilità e il silenzio, nemmeno a distanza di decenni dalla morte delle loro figlie, delle madri, delle sorelle. Il vero amore è questo, non quello degli uomini che le hanno uccise. Quanto tempo ci hai messo a raccogliere tutte le testimonianze? Il lavoro ha richiesto tre anni complessivi. Speculazione e spettacolarizzazione sui femminicidi da parte di stampa e di programmi televisivi non aiuta certo a combattere il fenomeno o a sensibilizzare sul tema, come si sta lavorando in questo senso? Credo che da una certa parte del sistema mediatico italiano ci sia la volontà di focalizzarsi sulla morbosità e spettacolarizzazione del dolore, promuovendo un’informazione che rientra a tutti gli effetti nella “pornografia del dolore”. Si mettono troppo spesso in primo piano le presunte ragioni dell’assassino: era geloso, non ha sopportato la perdita, ha tentato la pacificazione e, al suo diniego, è scattato il raptus. Nella narrazione mediatica, malgrado il gran rumore, si entra poco e male nel merito della violenza maschile contro le donne: ci sono dettagli macabri e la colpevolizzazione delle vittime. Il contesto viene raccontato come se le vittime “se la fossero cercata” oppure come se fossero state così idiote da non essere capaci di andarsene. Non viene detto che la maggior parte dei femminicidi avviene proprio quando le donne vogliono andarsene, quando cercano di interrompere la relazione. Servirebbe una maggiore consapevolezza, serve un cambiamento culturale: la violenza contro le donne è un fenomeno complesso, che pervade diversi ambiti, dalla famiglia, al lavoro. Certamente rispetto al passato sono stati fatti dei passi in avanti come l’entrata in uso della parola «femminicidio» da parte dei media italiani. Questa definizione dà conto di un fenomeno che prima di venire nominato così non aveva la stessa visibilità. Il termine adottato negli studi e nei trattati internazionali è in realtà «femicidio», ma in Italia è diventato di dominio comune femminicidio in seguito all’approvazione, nel 2013, del cosiddetto Decreto legge sul femminicidio (diventato, sempre nel 2013, la legge numero 119). Quando le luci si spengono dopo la morte, che cosa resta ai parenti delle vittime? Nel libro si affronta anche la grave questione delle donne scomparse, che non rientrano nella conta ufficiale dei femminicidi. Assenti anche quelle morte per problemi di salute causati da una vita di violenze – non solo dovuti alle ripercussioni delle botte e dei maltrattamenti fisici, anche alle pressioni e ai ricatti psicologici – e quelle che si suicidano per sfuggire agli abusi e alle vessazioni. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, le donne che subiscono abusi dal partner soffrono di livelli più alti di depressione, ansia, fobia, con maggiore propensione al suicidio delle altre. Che cosa cercano i parenti delle vittime? giustizia ? vendetta….qual’è il sentimento più ricorrente secondo te? Credo che ogni persona che ho incontrato abbia un posizionamento diverso rispetto alla questione. Come dice una delle madri che ho incontrato, Vera Squatrito, che ha fondato l’associazione Io sono Giordana (https://www.facebook.com/iosonogiordana/) il femminicidio è «una bomba atomica», ha conseguenze devastanti su chi resta. «Le famiglie si distruggono. È molto difficile riuscire a capirsi nel dolore che non finisce mai. Ci sono rabbia, sensi di colpa, e una forma di depressione invisibile e costante». A volte gli assassini vista la giustizia che non funziona, si trovano liberi dopo poco e padroni di rifarsi una vita, a dispetto di chi l’ha vita gli è stata rubata, ecco come fa un genitore a sopportare tutto questo? Come mai ci sono solo storie di vittime italiane è stata una scelta? Il libro esiste grazie al contributo delle madri, delle sorelle, dei padri, dei figli che hanno deciso di incontrarmi e di aprirmi le loro case. Insieme a loro è stato possibile mostrare che le vittime hanno resistito, come potevano, per se stesse, per la vita che avevano costruito, per i propri progetti, per le figlie e figli. Non sono riuscita a intervistare parenti di vittime straniere, oppure di origine straniera, perché, nonostante diversi tentativi, non ho trovato familiari disposti a parlare, per la sfiducia generale verso i giornalisti e per ostacoli culturali e linguistici. Non ho voluto forzare la mano. Come proseguirà la promozione del tuo libro? Ci saranno degli incontri nelle prossime settimane a Brescia, Bologna e a Pesaro. Altri sono in fase di organizzazione. Oltre alla presentazione del libro in alcune occasioni verrà allestita anche la mostra fotografica sullo stesso tema, alla quale ho lavorato insieme al libro, che è stata esposta a Bologna, lo scorso novembre, al museo La Quadreria, https://bit.ly/2ZpA729 Per ordinare il libro on line : www.settenove.it contatti Stefania Prandi : http://www.linkedin.com/in/stefania-prandi-26b639a Nella foto in alto a sinistra Stefania Prandi in basso a destra la copertina del suo nuovo libro. |