CRISI: DRAGHI SI APPELLA AI PARTITI, LA STRADA E’ ANCORA STRETTA |
![]() |
![]() |
![]() |
Scritto da Francesca Motta |
Venerdì 05 Febbraio 2021 13:13 |
Mario Draghi si è riservato di accettare l’incarico di formare un governo, che gli è stato affidato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l’incontro al Quirinale del 3 febbraio. Riserva che, ha spiegato l’ex presidente della Banca Centrale Europea al termine del colloquio con il Capo dello Stato, verrà sciolta “al termine delle consultazioni” ma, ha detto, “sono fiducioso che dal confronto con i partiti, le forze parlamentari e le parti sociali emerga unità e una risposta responsabile e positiva all’appello del presidente della Repubblica”. Draghi ha sottolineato come quello sia “un momento difficile: il presidente ha ricordato la drammatica crisi sanitaria con i suoi gravi effetti. Servono risposte all’altezza della situazione, ed è con questo impegno che rispondo positivamente” alla richiesta di Mattarella di formare un governo: “vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, rilanciare il paese sono le sfide. Abbiamo a disposizione le risorse straordinarie della Ue, abbiamo la possibilità di fate molto per i nostri cittadini e per rafforzare la coesione sociale”. Un governo di alto profilo istituzionale “che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili” era l’opzione preferita dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo il fallimento del mandato esplorativo affidato al presidente della Camera, Roberto Fico. E così il 3 febbraio Draghi, una volta abbandonato a ora di pranzo il Quirinale, ha immediatamente iniziato il proprio giro di consultazioni, iniziando naturalmente da quelle di carattere più istituzionale, passando per Palazzo Madama, Montecitorio, Palazzo Chigi. Dal 4 febbraio sono iniziati invece i colloqui più caldi, quelli con i gruppi politici, e nonostante la fiducia espressa al Quirinale la strada non si preannuncia molto larga: al momento infatti Draghi tra i partiti principali può contare sul sostegno unanime solamente del Partito democratico, con il segretario Nicola Zingaretti che a Radio Immagine dichiara senza mezzi che l’ex capo della Bce “può portare l’Italia fuori dall’incertezza di governo, è una personalità autorevole e ha posto i tempi nella maniera corretta rivolgendosi ai partiti, al parlamento e alle forze sociali”. Il resto è salita: il Movimento 5 Stelle, gruppo più rappresentato in Parlamento, il 2 febbraio aveva chiuso quasi subito all’ex banchiere, con il capo politico Vito Crimi che aveva subito spiegato che “già durante le consultazioni avevamo rappresentato che l'unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voteremo per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi”. In realtà la base pentastellata, e anche la folta pattuglia parlamentare, appare molto più divisa, e nonostante l’indicazione di Beppe Grillo di votare no alla fiducia è possibile che alla fine la questione sia messa ai voti, dell’assemblea degli eletti se non addirittura della piattaforma Rousseau: decisivo potrebbe essere anche l’appello del Pd a M5S, volto a “non disperdere il patrimonio acquisito finora” come ha spiegato lo stesso Zingaretti. |