La mostra “Oriente e Occidente. Allegorie e simboli della tradizione mediterranea. Installazioni di Navid Azimi Sajadi” organizzata dalla Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo in collaborazione con l’Arcidiocesi di Monreale e con MondoMostre, collega due straordinari monumenti del percorso arabo normanno protetto dall’UNESCO: il complesso monumentale del Duomo di Monreale e il palazzo della Zisa Palermo


Il percorso espositivo, che si è inaugurato il 23 ottobre scorso a Monreale, è curato da Lina Bellanca e Alessandro Carlino e narra storie e simboli figurati dei capitelli del chiostro benedettino e delle cappelle del Duomo: dalle fotografie dell’archivio Kunsthistorisches Institut in Florenz–Max-Planck-Institut, alle installazioni site-specific dell’iraniano Navid Azimi Sajadi, alle rilettura fotografiche stampate, con tecnica innovativa, su intonaco bagnto (l’effetto è quello di un affresco vero e proprio) fino alla realizzazione di una app dedicata alla mostra, sviluppata per MondoMostre dallo studio “ingegneria delle due Culture”, con musiche di Pinuccio Pirazzoli. I servizi di ticketing e didattica sono a cura di CoopCulture. 
Le opere di Navid Azimi Sajadi, ispirate all’iconografia del complesso monumentale, saranno esposte all’interno del Chiostro di Monreale, in una sala del Museo Diocesano e nella Cappella San Benedetto del Duomo normanno, sino al 6 gennaio 2021: riescono a creare un dialogo contemporaneo tra l’arte mediorientale e il mondo occidentale mediterraneo. Non solo un viaggio tra Oriente e Occidente, dunque, ma anche un percorso tra passato e presente grazie all’allestimento espositivo sviluppato dal concept designer Francesco Ferla, che ha, appunto, montato sotto le volte del chiostro, le riproduzioni di particolari dei capitelli, fotografati in altissima risoluzione e stampati su intonaco bagnato; un format che esalta le molteplici raffigurazioni dei capitelli nella suggestiva cornice abbaziale, gli stessi ai quali si rifà l’arte e la poetica di Navid Azimi Sajadi, nato a Teheran in una famiglia di galleristi, ma da quindici anni ormai di stanza a Roma, da dove continua a lavorare in sinergia con il suo Paese d’origine. 
Guglielmo II meritò l’appellativo di “il Buono” proprio per aver ristabilito un clima di pace e convivenza interreligiosa nell’Isola: il Re di Sicilia aveva sognato di dedicare la Chiesa di Monreale alla Madonna con il Bambino – da qui la scelta dell’immagine coordinata, cardine della mostra –: il suo sogno viene ripreso in mano dall’artista iraniano che si pone di fronte alla meraviglia architettonica, immaginando un viaggio interiore, onirico, attraverso allegorie e simboli, segni e suggestioni antropomorfe di culti diversi nascosti nei capitelli. “Vengo da un Paese che ha subito tante “invasioni culturali”, la nostra arte le ha registrate tutte e per questo è diventata unica”, spiega Navid Azimi Sajadi. “Per me è quindi vitale la sovrapposizione di stili, la reputo naturale, fa parte dell’”archeologia di me stesso”. La bellezza è equilibrio, e qui a Monreale, tutto è equilibrio”.
Il percorso espositivo prosegue a Palermo dove si inaugurerà il 24 novembre al Palazzo della Zisa con la cura, per parte iraniana, di Ashkan Zahraei e Giuseppe Moscatello. Navid Azimi Sajadi creerà opere in situ coinvolgendo i visitatori durante le fasi della loro realizzazione, attraverso workshop e performance organizzate con altri artisti e giovani studenti che manipoleranno le sue ceramiche smaltate, le superfici in polvere d’oro e tutti i materiali con cui l’artista cercherà di riprodurre costantemente ciò che significano le immagini, le forme e i ricordi in un ambiente metaforico in cui sia possibile collegare una vasta gamma di significati, di indicatori di tempo e di spazio. I visitatori, sino al 6 gennaio, potranno dunque partecipare, in modo insolito, osservando Sajadi durante tutte le fasi di realizzazione delle opere, per comprendere live gli aspetti artistici e tecnici nelle diverse fasi di ideazione dell’esposizione. Un possibile ulteriore livello di comprensione dell’uso dei linguaggi artistici che rappresentano le testimonianze materiali più rilevanti e straordinarie del sincretismo culturale del regno normanno di Sicilia e che si inseriscono di fatto nella storia dell’arte e dell’architettura del Medioevo mediterraneo. 
Il Duomo di Santa Maria Nuova di Monreale costituisce un imponente progetto architettonico e decorativo al quale era annesso un monastero che attraverso donazioni e privilegi divenne rapidamente uno dei più importanti del regno normanno. Dell’originale complesso si sono conservati integralmente, oltre al Duomo e ad alcuni frammenti dell’edificio conventuale, il chiostro e il chiostrino all’angolo sud-occidentale. E proprio il chiostro ha una posizione di particolare rilevanza tra gli edifici monastici sia in Italia che nel Mediterraneo: è considerato come uno dei più imponenti e qualitativamente prestigiosi del secolo XII, oltre che uno dei più variegati, multiformi e meglio conservati. Dei 104 doppi e 5 quadrupli capitelli, 15 sono istoriati e rappresentano temi biblici. 
UN’APP INNOVATIVA. E proprio pensando alla lettura dei capitelli è stata costruita un’applicazione molto innovativa, che sarà disponibile già dalla prossima settimana. Collegandosi agli store di Apple o di Google, si può scaricare l’App “MoMo” per godere della descrizione - in lingua italiana - di alcuni dei manufatti, in due modalità a seconda se il visitatore è sul posto oppure agisce da remoto. Chi si trova nel Chiostro, può semplicemente “puntare” lo smartphone sul capitello e inquadrare il simbolo posto sulla colonna. Sul display verranno visualizzate le quattro facce del capitello e una breve descrizione generale. Facendo scorrere il dito da destra verso sinistra - swipe gesture – apparirà il dettaglio del capitello scelto e il testo descrittivo. Toccando l’immagine, si può anche ingrandire per osservare i particolari più minuti, i dettagli e le forme che altrimenti potrebbero sfuggire. In alcune schermate, apparirà l’immagine di un piccolo smartphone che oscilla: è il modo col quale si potrà virtualmente passare dal passato, dall’età di Guglielmo II ai giorni nostri. Per chi invece non si trova a Monreale, la app da remoto – in modalità “tour dei contenuti” – proporrà una visita virtuale del chiostro con focus sui capitelli. Il tutto avverrà sulle note di Pinuccio Pirazzoli che ha composto un tappeto sonoro proprio per la mostra.
In mostra saranno esposte anche fotografie realizzate nell’ambito del Progetto Cenobium del Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max Planck Institut (fotografo F. Sigismondi) che insieme all’App renderanno ancor più sorprendente la scoperta di uno dei più famosi chiostri in ambito mediterraneo. Le riproduzioni digitali ad alta risoluzione permettono di esaminare alcuni dei capitelli, studiarli tramite particolari ingranditi e in assenza di interferenze luminose, in condizioni che riproducono - per così dire - quelle della bottega in cui furono realizzati, consentendo di riportare l’attenzione sull’alta qualità artistica di questo genere di scultura medioevale. L’obiettivo è la rappresentazione multimediale attraverso la fotografia digitale e l’impiego di modelli tridimensionali, consultabili in maniera interattiva tramite l’App. Il progetto si propone di sottolineare il collegamento fra le opere d’arte e i luoghi in cui esse sono effettivamente collocate, integrando quesiti storico-artistici con i più moderni strumenti tecnologici di ricerca.
Il comitato scientifico per la mostra e la residenza nelle due sedi, Monreale e Palermo, è composto da Lina Bellanca, soprintendente Beni Culturali ed Ambientali di Palermo; Don Nicola Gaglio, parroco della Cattedrale di Santa Maria Nuova di Monreale; Maria Concetta Di Natale, direttrice del Museo Diocesano; Alessandro Carlino, storico dell’architettura; Marcello Conigliaro, professore di tecnologie applicate alla cultura; Giuseppe Moscatello, curatore d’arte in Medioriente e Ashkan Zahraei, storico dell’arte contemporanea in Iran.
LE OPERE di Navid Azimi Sajadi
1. Installazione – Chiostro: nella prima installazione la forma geometrica dei pannelli è ispirata alle geometrie della Cappella Palatina, le forme composte delle ceramiche dette a “stella e a croce”. I disegni delle ceramiche appese sulla struttura sono dorati e si ispirano a storie, forme e ai disegni dei capitelli del Chiostro (Mitra, Pavone, Fenice). Sajadi usa due tecniche, quella mediterranea - lo sgraffito Romano sottocristallino -, e quella persiana basata sugli smalti. 
2. Installazione – Cattedrale: l’opera che è stata realizzata per la cappella di San Benedetto, in Cattedrale è costituita da due pezzi di legno che si incastrano e si ispirano ai Serafini e agli Angeli raffigurati nella cupola. La forma dei blocchi di polistirolo riporta all’immagine stilizzata della cattedrale. In quest'opera il punto interessante è la linea sottile del racconto indiretto per rimanere su uno stile molto minimale dall'aspetto industriale freddo. Ovviamente la citazione e il riferimento è proprio il capitello in cui è raffigurato re Guglielmo mentre dona la cattedrale alla Madonna con il Bambino. Saranno presenti riferimenti e disegni in oro sulla struttura base che raffigura la cattedrale. 
3. Installazione – Museo Diocesano: l’opera trova i suoi riferimenti nelle maschere funebri greche. La cultura dei vasi siciliani con la geometria delle muqarnas della Cappella Palatina, rimandi alla storia dell'arte e alle combinazioni di stile della chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio. Riferimenti e citazioni dirette allo stile arabo normanno della Cattedrale, protetta dall’UNESCO.
PALERMO_RESIDENZA D’ARTISTA, LA ZISA 
Il corpo della prima delle opere che saranno realizzate durante la residenza di Sajadi consiste in un gruppo di ceramiche (sgraffito smalto) che sono come cocci raccolti in fondo al mare, e insieme compongono un’installazione che di per sé ha la forma di una costellazione. Nella creazione di Sigillum l’artista ha affrontato un viaggio in un mare burrascoso, caotico, e ha raccolto i cocci di un naufragio. La costellazione che ne viene fuori - proprio come le stelle che guidavano i navigatori verso una meta – conduce l’artista verso un luogo metafisico; l’inquietudine che affiora ha a che fare con la paura del caos, si nutre di stimoli esterni, si scontra e si fonde con al suo tumulto interiore. I cocci del passato guidano verso una riflessione sul presente e sul futuro. Ma Sajadi sta anche pensando ad una “vasca” stilizzata in cui le ceramiche, come uncini, si aggrappano virtualmente al mondo. Ulteriori opere saranno realizzate durante la Residenza d’artista e workshop con studenti e artisti.
Navid Azimi Sajadi è nato nel 1982 a Teheran, dove si è laureato in Pittura presso la Facoltà Architettura della Azad University di Teheran, per poi trasferirsi a Roma e laurearsi all’Accademia di Belle Arti. Nel 2009 ha vinto il Premio Amedeo Modigliani e dopo aver conseguito il Master of Fine Art in MultiMedia Sculpture presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, nel 2013 ha partecipato alla IX Biennale di Shanghai. Nel 2018 ha vinto la IX Edizione del Premio Combat Museum di Giovanni Fattori in disegno e campo grafico e ha partecipato al progetto The Bridge, ambiente 1 al Museo di arte contemporanea di Roma. A maggio 2019 ha vinto il Premio Viero per l’arte contemporanea. Dal 2014 realizza mostre e installazione in Iran, Emirati Arabi, Turchia e Inghilterra.