In Italia in molti hanno imparato a conoscere questa speciale e particolare compagnia teatrale grazie ai servizi nei programmi di Domenico Iannacone come “Che ci faccio qui” e, in ultima battuta, il docufilm che lo stesso ha realizzato per la Rai dal titolo “L’Odissea”. Si sta parlando del Teatro Patologico, realtà romana fondata dall’attore Dario D’Ambrosi, l’ispettore Canton nella celebre serie televisiva “Romanzo Criminale”, con attori affetti da patologie psichiche e psicologiche e non solo.

Una realtà di immensa e straordinaria inclusività, capace di infrangere le barriere di indifferenza e diffidenza, portando attraverso la recitazione una vera e propria esaltazione del singolo. Soprattutto, una realtà apprezzata e celebrata in tutto il mondo. O quasi, sarebbe meglio aggiungere; almeno fino allo scorso 18 settembre. Mancava all’appello, infatti, una performance in un Paese arabo, fino a che non è arrivato lo spettacolo “Tutti non ci sono” andato in scena al Festival Awladna del Cairo, in Egitto. Lo spettacolo, presentato per la prima volta al rinomato teatro sperimentale La MaMa Experimental Theatre Club di New York City nel 1980, ha visto come protagonista assoluto lo stesso D’Ambrosi, nel ruolo di un paziente psichiatrico vittima di abbandono nel mondo esterno. Lo spettacolo è stato scritto in reazione alla legge del 1978 che riformò il sistema psichiatrico. Un vero e proprio appello al supporto e alla comprensione, antidoti fondamentali a problemi dilaganti come l’indifferenza e la paura. Inutile sottolineare che lo spettacolo è stato accolto in maniera trionfale, come confermano le parole riportate sui social network dalla stessa compagnia teatrale, che ha confermato come si sia trattato di un sogno realizzato: “Un’esperienza unica! Tutto questo grazie allo straordinario lavoro dell’Istituto Italiano di Cultura al Cairo al suo Direttore Davide Scalmani, alla collaboratrice Manal Bakite e al Festival Awlanda”. Insomma, un’esperienza davvero da brividi, un po’ come tutte quelle che vedono il Teatro Patologico come protagonista nel mondo intero. Un teatro, inoltre, che fa scuola, tanto che il metodo di lavoro usato al Patologico è stato presentato in svariate realtà globali, accolto da stupore e ovazioni. Non solo un’eccellenza del made in Italy, ma anche la perfetta commistione tra are, umanità e cancellazione dei confini invisibili che, solitamente, ci si trova a mettere nei confronti dell’altro o, ancora peggio, del diverso.