Maxi Manzo sa esattamente quale sia il significato della parola “radici”. E dei viaggi, tanto fisici e geografici quanto intimi e spirituali, che queste radici innescano. Lo sa bene in quanto discendente di italiani di origini abruzzesi e molisane che hanno lasciato la loro terra natia per approdare in Argentina, in Paese che ha dato i natali a Maxi. Ma lo sa anche in quanto artista con il desiderio della scoperta, come dimostra il docufilm “El vestido de Dora”, che gli è valso il Premio Flaiano di Italianistica sezione Under 35.

Sul documentario si è espressa così Carla Tiboni, presidentessa della Fondazione Edoardo Tiboni, durante la premiazione dello scorso 2 luglio al teatro D’Annunzio di Pescara: “Si tratta di un valido tentativo di promuovere la cultura italiana nel mondo attraverso le nuove generazioni e attraverso nuovi strumenti di comunicazione, obiettivi questi perseguiti dal Premio Internazionale Flaiano di Italianistica ‘Luca Attanasio’”. “El vestido de Dora”, di cui Manzo, oltre ad essere autore, ha anche curato la sceneggiatura parte delle testimonianze dei nonni italiani emigrati in Argentina che rievocano passaggi della loro vita, attraverso momenti anche piuttosto toccanti. La narrazione dell’autore si snoda da Tornareccio, piccolo borgo in provincia di Chieti, il paese d’origine della nonna Dora, che con i suoi racconti sulle tradizioni e le storie d’Abruzzo ha segnato la sua giovinezza, spingendolo a conoscere da vicino i luoghi che gli descriveva. L’opera ha anche un’interessante valenza storica, complici i filmati dell’archivio di famiglia che forniscono un quadro importante della comunità italiana d’oltreoceano, con la nascita delle famiglie italo-argentine negli anni Sessanta e con l’adozione di nuovi costumi che si sviluppano attraverso la fusione delle tradizioni di entrambi i Paesi. Un’opera intensa quella del classe 1987 Maxi Manzo, che nel suo Paese è anche Consigliere del Consiglio Regionale degli Abruzzesi nel Mondo e della Consulta dei Molisani nel Mondo, ed è inoltre membro della Rete dei Giovani Italiani nel Mondo della Commissione VII del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Il docufilm, con la regia di Mati Long, termina con un finale aperto a una ricerca emotiva che rappresenta i sentimenti di tanti giovani che vibrano allo stesso modo, un ricongiungimento con le proprie radici, una rinascita con un messaggio di speranza in un momento di apertura con un mondo nuovo che si riconnette con il proprio indissolubile retaggio.