La limitazione delle esportazioni, per affrontare la crescente carenza di cibo, decisa dall’Ucraina riguarda direttamente l’Italia che ha importato dal Paese invaso dalla Russia ben 570 milioni di euro di prodotti agroalimentari nel 2021 e riguarda soprattutto l’olio di girasole per un valore di circa 260 milioni di euro, il mais destinato all’alimentazione degli animali per oltre 140 milioni e il grano tenero per la panificazione per circa 30 milioni. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti della sospensione delle esportazioni decisa dall’Ucraina per “carne, segale, avena, grano saraceno, zucchero, miglio e sale" mentre quelle di grano, mais, pollame, uova e olio saranno consentite attraverso licenze per l’esportazione solo con il permesso del ministero dell'Economia per garantire le scorte interne.

L’olio di girasole – sottolinea la Coldiretti – viene impiegato dall’industria alimentare per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, oltre che per le fritture, mentre il grano serve alla panificazione e il mais all’industria mangimistica per garantire le forniture alimentari agli animali negli allevamenti. In particolare -precisa la Coldiretti – l’Ucraina è il secondo fornitore di mais dell’Italia con una quota importante di poco superiore al 20% del fabbisogno ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano tenero. Una situazione che – spiega la Coldiretti - aggrava l’emergenza in Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti. L’aumento delle quotazioni del mais, che sono al massimo da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, – sottolinea Coldiretti – ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.