Nuovo record per l’export del vino Made in Italy che ha toccato gli 8 miliardi di euro nel 2022, un +12% rispetto allo scorso anno, e un -6,4% a volume e -1,8% a valori nelle vendite nella Gdo, ma con livelli di vendita comunque superiori a quelli pre Covid. Resta comunque intatto il divario con la Francia che, negli ultimi dodici mesi ha esportato vino per 12,5 miliardi di euro (+12,5% sul 2021), oltre 4 in più rispetto all'Italia. Sono questi i dati recenti sull'andamento delle esportazioni di vino italiano, rivelati nella nona edizione del Forum Wine Monitor di Nomisma, che ha anticipato prospettive di crescita incerta per l’intero comparto del vino a causa dell’evidente rallentamento economico.


Ne fa sintesi la Conferenza Italiana Agricoltori (Cia): anche nel 2022, la Francia si è tenuta stretta il suo podio, mentre la Spagna, terzo esportatore mondiale è ancora a distanza con quota 3 miliardi di fatturato estero sul vino, nonostante i progressi del 6%. Sotto osservazione la Germania, ancora il secondo mercato per valore dell’export di vino italiano. Potrebbe ridurre i consumi di vino a seguito dell’incerta congiuntura economica, ma ritoccando soprattutto i consumi fuori-casa e salvaguardando i vini bio e sostenibili. E, allora, a pagare pegno saranno più i francesi che gli italiani.
In ogni caso, a pesare, su export e vendite nel canale Gdo in Italia, diversi fattori come l’inflazione e il cambio euro-dollaro, ma gli stessi andamenti sottendono anche uno spostamento nei consumi del periodo estivo e di inizio autunno verso il fuori-casa, trainati altresì dalla ripresa del turismo dopo gli anni più critici della pandemia.
Nel 2022, spiega Nomisma, la flessione ha riguardato anche l’e-commerce e i vini bilogici, ma è stata compensata dal canale horeca con un ritorno ai livelli del 2019 con un +46,6% sul 2021, spinto da una stagione primaverile-estiva molto lunga e dal gran ritorno dei turisti stranieri in Italia. Occhi puntati, adesso, sulle quotazioni del gas, al momento pari alla metà del picco raggiunto a novembre scorso, e del petrolio, che se dovessero assestarsi dovrebbero portare a una riduzione dell’inflazione e, quindi, minori restrizioni nella politica monetaria europea che, unita agli investimenti attuati con le risorse del Pnrr, fornirebbero quello slancio necessario alla ripresa dei consumi, vino compreso.
Il tasso di inflazione del vino è comunque circa la metà di quello dei prodotti alimentari. Da affrontare e risolvere, per i produttori vitivinicolo sono ancora i costi delle materie prime, come dei materiali di confezionamento e soprattutto dei vetri che continuano ad avere dei trend ascendenti, minando i margini delle aziende. L’altra incognita, come sottolineato al Forum, sta nelle scelte dei consumatori che manifestano cautela e una forma di “discountizzazione”, la propensione ad acquistare prodotti in fascia convenienza, mentre evidenza che non vuole rinunciare ai consumi fuori casa.