Savona Binario 4.002È in arrivo il 17 febbraio 2020 nelle librerie della Svizzera italiana il nuovo romanzo dell’autore ticinese Davide Buzzi, nella foto a sinistra, che si confronta con un genere particolare: il romanzo biografico, “Memoriale di un anomalo omicida seriale”.

Buzzi è cantautore e autore nel 2013 pubblica il suo primo libro di racconti dal titolo "Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte" e nel 2017 il racconto breve "La Multa". Fotografo di formazione, è attivo anche nel campo del giornalismo come membro di redazione del mensile "Voce di Blenio" e, da diversi anni, come inviato speciale di Radio Fiume Ticino al Festival di Sanremo.

Memoriale di un anomalo omicida seriale è,  la storia di Antonio Scalonesi omicida seriale che il 21 novembre del 2011 entra spontaneamente nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, davanti al quale inizia a rivelare un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili. L’uomo confessa una lunga serie di delitti, a partire dal primo commesso nel 2004, che lo portano ad uccidere non solo in Ticino ma anche in Italia e Francia.

L’autore ne ricostruisce passo dopo passo le vicende, non tralasciando di recarsi personalmente sui luoghi dei delitti e avvalendosi della collaborazione di alcuni esperti del settore tra i quali l’ex Commissario capo della polizia scientifica del Cantone Ticino E. Scossa Baggi, gli avvocati Giovanni Martines e Amanda Rueckert, il Dr.med Orlando Del Don, Spec. FMH psichiatria, psicoterapia, psicopatologia del comportamento violento e criminologia, e altri ancora. 

 

Ecco in anteprima come racconta il suo lavoro: 

 

 

MEMORIALE poster2Memoriale di un anomalo omicida seriale è, la storia di Antonio Scalonesi omicida seriale che il 21 novembre del 2011 entra spontaneamente nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, davanti al quale inizia a rivelare poco a poco tutti i suoi omicidi… Chi era esattamente Antonio Scalonesi? 

Scalonesi era un uomo normalissimo, single, immobiliarista di professione, con un passato di sportivo semiprofessionista e molto ben inserito nel tessuto sociale del comune nel quale viveva.  Benché nativo di Mendrisio, in giovane età segue il padre, che per ragioni professionali si trasferisce nel Sopraceneri, per andare a vivere in un villaggio dell’alto Ticino.
Per 33 anni la sua vita procede tranquilla come quella di qualunque persona, nessun problema con la giustizia, nessun gesto di violenza nei confronti di nessuno (che si ricordi, almeno), pare fosse astemio, o quasi, e quindi nessun problema di alcolemia. Insomma, Antonio Scalonesi è il classico vicino di casa che tutti vorremmo avere.
Questo fino alla mattina del 18 dicembre 2004, quando spara freddamente all’imprenditore Gianni Verzaschi, uccidendolo sul colpo, riuscendo a farla franca.
A causa della mancanza di un movente effettivo, gli  inquirenti non riescono a collegare la morte dell’imprenditore con Scalonesi, anche perché il Verzaschi non era certo uno stinco di santo, e le indagini prendono un’altra direzione. Una malaugurata scelta che darà avvio a una vera e propria tragedia della follia.

Hai ricostruito pian piano la vicenda giuridica, personalmente che problemi hai riscontrato? All’inizio non pensavo nemmeno di arrivare tanto lontano. Avevo semplicemente iniziato a scrivere la storia di una persona che non aveva mai torto un capello a nessuno e che una mattina improvvisamente decide di vedere cosa si prova ad uccidere un altro essere umano. La decisione di ricostruire la vicenda giuridica di Antonio Scalonesi è spuntata solo quando, piuttosto casualmente, ho conosciuto Giovanni Martines, avvocato siciliano e già difensore di Bernardo Provenzano nel processo per l’omicidio del giornalista Mario Francese.
È stato lui, dopo che gli avevo raccontato questa storia, a spingermi ad andare anche a rovistare nell’intera vicenda giuridica che attornia un criminale.
La difficoltà è stata piuttosto quella di riuscire a trovare le persone, avvocati, poliziotti, medici, ecc., che volessero raccontare il loro vissuto con quel mondo, in quanto è sempre umanamente difficile parlare di certe vicende, soprattutto quando si cerca di fare di tutto per dimenticare le tragedie vissute.

Quanto tempo ti ci è voluto per ricostruire tutta la vicenda e quali sono state le tue fonti? 

In tutto ho impiegato una decina di anni e le fonti sono tutte citate nel capitolo allegati che sta in coda al romanzo. Stiamo parlando di avvocati, di un criminologo, di giornalisti, dell’ex capo della polizia scientifica del Cantone Ticino, e altri ancora.

Gli episodi raccontati da Scalonesi nel suo memoriale sono tutti accertati o qualcosa potrebbe essere stato inventato? Inoltre, perché modificare solo i nomi di tutte le vittime e di alcuni luoghi dove si sono svolti fatti, mentre per altri si è voluto mantenere i toponimi corretti?

In verità i nomi dei luoghi modificati sono quelli legati alla regione dove Scalonesi ha trascorso la maggior parte della sua vita. Questo per evitare possibili pellegrinaggi morbosi.
Per altri paesi o città questo stratagemma non era possibile o necessario. Per quanto riguarda i nomi delle vittime, mi sembra che la risposta sia ovvia. Per quanto riguarda gli episodi raccontati, in effetti in alcuni casi sussistono molti aspetti assai fumosi che probabilmente non saranno mai chiariti. Come pure l’attendibilità di altri fatti raccontati da Scalonesi, che forse rispecchiano la sua verità ma non come i fatti potrebbero essersi svolti realmente. 

Questo è un romanzo biografico, come ti sei approcciato a questo tipo narrativo? Per la precisione si tratta di un thriller autobiografico, in quanto tutta la storia, fatta eccezione per l’introduzione e l’epilogo, redatti dall’ex Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, è raccontata in prima persona da Scalonesi stesso. È stato un lavoro che ha richiesto una grande ricerca, soprattutto per quanto riguarda la giusta lettura del personaggio. Peraltro l’approccio è stato assai naturale. Difficile è stato l’immancabile confronto con il pensiero di Antonio Scalonesi, il quale tende a penetrare ambiguamente il lettore in modo inusuale e spiazzante.  

Il primo omicidio, lo racconta come il più importante, e la paragona alle prime esperienze della vita che segnano un cambiamento e lasciano dentro tracce indelebili, questo poi ha dato il via a tanti altri delitti….ecco sono stati meno importanti secondo te? 

Ogni esperienza che si vive per la prima volta ha sempre qualcosa di speciale che la rende unica.
Ancora di più in questo caso, in quanto con il primo omicidio Scalonesi scavalca la barriera etica del bene e del male. Fino a quel momento Antonio Scalonesi era ancora l’uomo normale di sempre, il buon vicino di casa. Dopo quel gesto tutto cambia, l’omicida indossa la maschera della normalità davanti al resto del mondo, ma nel suo io è cosciente che quello che ha fatto non è giusto per il mondo che lo circonda. Il vero quesito però è che Scalonesi non prova alcun rimorso ma eccitazione. Anche per questo motivo, quando la polizia lo avvicina subito dopo l’omicidio Verzaschi, egli appare assolutamente estraneo ai fatti, in quanto non provando rimorso non ha modo di tradire alcun sentimento contrastante. Questo fatto lo fa immediatamente escludere dai potenziali sospetti.
Negli altri casi l’importanza di quanto sta commettendo scema sempre di più fino a quasi diventare una sorta di gioco noioso che serve solo a smorzare l’eccitazione dell’attesa fra un omicidio e l’altro. Per capirci, gli omicidi seguenti per Scalonesi si trasformano in una specie di “up and down” come quelli scatenati per esempio dall’assunzione di  cocaina e le seguenti crisi di astinenza.  

A che tipo di lettore si indirizza questo lavoro? 

Memoriale di un anomalo omicida seriale è un thriller molto duro, sia nel linguaggio (che rimane esattamente originale al personaggio e non è stato “smussato”)  che nelle azioni. È quindi un lavoro che si indirizza a coloro che amano quel genere di lettura. Si tratta però anche di un libro che obbliga il lettore a confrontarsi con la coscienza nera che tutti noi, in un modo o nell’altro, ospitiamo. In questo senso invece è un romanzo che può adattarsi a tutti. 

Per tutto il libro si descrive  questo Scalonesi, come una persona apparentemente normale, lavoro, casa… possediamo tutti un lato che non conosciamo e talmente oscuro che può arrivare a tanto? 

Sì, sono convinto che per ogni essere umano esiste una chiave scatenante che possa in qualche modo farci arrivare a pensare o, nelle situazioni peggiori, commettere delle cose veramente brutte.
Di casi che potrebbero essere presi ad esempio ne è piena l’attualità.Non bisogna però nemmeno esagerare con i pensieri negativi, in quanto e per fortuna la maggior parte della gente convive in pace e armonia. 

Alla fine Antonio Scalonesi, viene incriminato perchè reo confesso, possibile che nessuno sia mai riuscito ad arrivare a lui, nel corso degli anni di indagini?
Nessuno, o per meglio dire quasi nessuno, riesce ad arrivare a lui per il semplice motivo che Scalonesi ha sempre colpito senza alcun movente, oltre che con un’attenzione minuziosa nel lasciare meno tracce possibili. E si sa che in generale un crimine senza movente rimane un crimine irrisolto.
Qualcuno però, in modo del tutto casuale, ad un certo punto comprende chi sia veramente Antonio Scalonesi e ne intuisce il grande “talento”. Il fatto è che costoro, invece di procedere nel modo più plausibile, ovvero denunciarlo, pensano bene di ricattarlo. Ma tentare di cavalcare una tigre è sempre un’azione incosciente che presenta rischi inimmaginabili e che generalmente finisce male. 

 Che cosa ti è rimasto dentro di questo personaggio, dopo aver scritto un libro su di lui? 

Certamente il suo forte egocentrismo, che lo porta ad elevarsi a Dio terreno, e la sua quasi mancanza di empatia verso il prossimo. Quasi, dico, in quanto Antonio Scalonesi, per quanto spietato dimostra anche una sua moralità che, per quanto particolare, contribuisce a renderlo più umano di quanto si possa immaginare. Per esempio, all’interno del racconto si riuscirà a intravvedere la sua avversione nei confronti delle persone che si macchiano di pedofilia e la sua fatica nel pensare di dover uccidere delle persone di sesso femminile.
Alla fine si troverà costretto anche ad agire contro alcune donne, e pure in modo assai cruento, ma si comprende bene quanto in realtà vivesse questi fatti come spiacevoli ed inevitabili effetti collaterali, che nulla avevano a che fare con la sua vera natura di serial killer. 

Appuntamenti per la promozione del libro?

La prossima settimana sarò ospite alla trasmissione Baobad della Rete Tre della Radio Svizzera di lingua italiana. Inoltre stiamo valutando alcune possibilità per delle presentazioni che si spera potrò fare a breve nella Svizzera Italiana. In Italia invece, nel corso del mese di marzo, sono già fissati degli appuntamenti in alcune radio private fra Milano e Brescia e un appuntamento in una TV privata di Padova.