foto PatrickImmaginatevi al vostro funerale, no, non è uno scherzo, siete dentro la bara, vestiti con l’abito migliore, l’odore dell’incenso, la chiesa piena, il prete che parla dal pulpito, i parenti che piangono la vostra morte, e voi che fino all’ultimo vi fate beffa del destino che vi ha portato ad essere li a soli ventiquattro anni. Cosi inizia l’ultimo giallo thriller, di Patrick Mancini lo scrittore ticinese ( nella foto a sinistra), che dopo @cuorebuiorrore" e "#promessisposi-Stavolta tocca a te", eccolo cimentarsi con  "R.I.P. - Il mio funerale", in  un tema che prima o poi tocca ahimè a tutti noi, volenti o nolenti.

Il Il protagonista Douglas Delfino, nonostante la giovane età ha già bruciato nella vita terrena tante tappe, affrontate con  modi discutibili certo, ma lui fino alla fine resta li, lucido in un’analisi dell’ipocrisia provinciale dentro la quale tutti noi c’ingabbiamo ed adeguiamo fino alla fine dei nostri giorni.

Chi ha sparato a Douglas alle spalle mentre era nel suo ufficio? chi lo voleva morto? la notizia dell’omicidio del giovane rimbalza su tutti i mezzi di informazione, si cerca il colpevole ed inizierà un viaggio nel torbido noir di provincia dove siamo tutti un po’ colpevoli e vittime inconsapevoli.

L’io narrante ci introduce nella sua vita in prima persona, è un venerdì pomeriggio, sono le due, e mentre di solito un giovane pensa ad organizzare il proprio fine settimana di svago vista la settimana lavorativa passata, Delfino si trova a dover partecipare al suo funerale, guarda le persone intorno, è vestito a festa e riesce a scoprire il colpevole….

 

Intervista: 

Sei al tuo terzo romanzo. Hai lascito due sposi promessi per finire dentro una bara… Come ci sei arrivato?

«La morte mi affascina da sempre. È misteriosa. Non sappiamo né quando arriverà, né come. Non sappiamo neanche cosa c'è dopo. È così che è nato il romanzo. Da mille domande personali sul senso della vita e della morte».

Con “R.I.P. il mio funerale”, porti il lettore  dentro la bara di Douglas Delfino che muore a soli 24 anni, la chiesa è piena, la fidanzata e i genitori sono sconvolti, mentre lui anche da defunto non perde la sua arroganza e sfacciataggine. Douglas nemmeno in un momento così si redime e pensa ad un mea culpa?

«Douglas è un personaggio orribile. Ma a qualcuno potrebbe pure stare "simpatico". Perché vive senza freni. Cerca di sfuggire alla società delle etichette e della performance. Douglas è un bullo. Non riesce a recitare un mea culpa. Per lui "è giusto" così. Se un bullo diventa bullo ci sono sempre delle cause. Il bullismo è una responsabilità sociale. Di tutti. È inutile fare i moralisti e puntare il dito solo contro una persona. Questo è un problema serissimo che andrebbe veramente risolto tutti insieme». 

Le donne sono fondamentali nel romanzo, anche se molto diverse tra loro, quale è la tua ideale se dovessi sceglierne una? Perché poi un tipo come Delfino cerca sempre di avere una relazione stabile con Chiara che non rispecchia assolutamente i suoi canoni ideali di donna e si lascia solo tentare dalla giovane Giada in fugaci incontri?

«In questo romanzo nessuno è innocente. Sono tutti imperfetti. Donne comprese. Mi piacciono tutte perché sono imperfette, ecco. Douglas sfugge a ogni logica. Non può stare con una sola donna. Non può nemmeno stare in questo mondo probabilmente. Non ce la fa. Si sente soffocare. Ed è "normale", visto il suo carattere, che cerchi di evadere in ogni modo».

È il tuo secondo romanzo con copertina realizzata da Giada Bianchi. Come nasce la vostra collaborazione e dai tu qualche indicazioni o sono le tue pagine a guidare l’artista?

«Giada è un'amica. Ed è un'artista con la A maiuscola. Una persona di cui mi fido. Le faccio leggere il libro e lei capisce subito cosa fare. Non modifico mai nulla di quello che fa. Non ce n'è bisogno assolutamente». 

Nel tuo romanzo c’è un ritratto realista e crudo di un qualsiasi paesino di provincia: la donna matura che fa sesso con Delfino per evadere la noia, un sindaco corrotto che favorisce la prostituzione, soldi facili, tradimenti, ricatti con sexting, la normalità nascosta dall’ipocrisia, tutti hanno qualcosa da nascondere… Douglas Delfino è un giovane dalla personalità difficile, il non avere il totale controllo su di sé e sulle sua azioni lo portano fin da giovane a finire in cose più grandi di lui e questo fino alle fine del romanzo… Ecco se non fosse morto, Delfino non sarebbe mai cambiato?

«Tutti possono cambiare. Basta avere vicino le persone giuste. E metterci tanta volontà. Non è il caso di Douglas che vive in un contesto deleterio in cui i valori sono basati sulla carriera e sull'apparenza». 

C’è un capitolo sul completo e la cravatta. Delfino si trova nella bara così abbigliato ma lui non si sente a suo agio, e sottolinea ancora una volta che la scelta del padre non era da lui condivisa…

«La giacca e la cravatta in questo caso, metaforicamente, rappresentano l'apparenza. L'essere costretti a vivere una vita che non si vorrebbe vivere in quel modo preciso. 

Sei molto giovane come mai hai pensato e descritto la partecipazione al tuo funerale?

«Perché non avrei dovuto farlo? Tutti prima o poi dobbiamo morire. Anzi, è l'unica cosa che dobbiamo veramente fare. Parlare di morte non dovrebbe essere un tabù. Perché la morte da parte della vita».

Ma poi il tuo l’ hai mai immaginato?

«Sì. Più volte. Mi chiedo chi ci sarà, chi piangerà, chi riderà. Ma senza angosce. È un pensiero che ogni tanto arriva. E poi se ne va tranquillamente».

 

 

copertinaripR.I.P. - Il mio funerale-

Patrick Mancini

Fontana Edizioni 

isbn:  978-88-8191-590-3

www.fontanaedizioni.ch