Prudenza, fiducia e unità. Senza dimenticare l’importanza della vaccinazione per combattere la nuova ondata della pandemia. Questi i concetti base su cui il primo ministro, Mario Draghi, ha concentrato la Conferenza stampa chiusa poco fa a Roma in cui ha parlato degli ultimi provvedimenti anti-Covid adottati dal Governo. Oltre a lui, hanno risposto alle domande anche i Ministri della Salute, Roberto Speranza, e dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, oltre al coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Franco Locatelli.


“Vogliamo essere cauti - ha spiegato Draghi in apertura - ma vogliamo anche minimizzare gli effetti economici e sociali della pandemia, soprattutto riguardo i ragazzi che hanno risentito più di tutti di questa situazione”. Di scuola ha infatti concentrato la prima parte dell’incontro, una scuola che a suo parere “non va abbandonata” ha spiegato prima di ringraziare chi sta facendo sacrifici perché queste possano riaprire. Ma l’approccio a parere del numero del Governo per affrontare anche questa fase di recrudescenza della pandemia è uno solo: “la vaccinazione”. “Non dobbiamo mai perdere di vista una costatazione - ha detto -: gran parte dei problemi è legata al fatto che ci sono non vaccinati”. Grazie alla vaccinazione, infatti, “la situazione è molto diversa dal passato. Ci sono meno morti rispetto al 2021, l’economia è in crescita, le scuole hanno riaperto, come hanno fatto gli altri grandi paesi d’Europa. La circolazione del virus mette di nuovo in una situazione di pressione gli ospedali, soprattutto a causa dei non vaccinati”. Per questo, “abbiamo previsto obbligo vaccinale per chi ha più di 50 anni, e lo abbiamo fatto sulla base dei dati, perché chi ha più di 50 anni corre maggiori rischi. E infatti, per i due terzi gli ospedali sono occupati dai non vaccinati”.
Queste nuove misure anti-covid, compreso l’obbligo vaccinale per gli over 50, sono basate, secondo quanto riportato dal premier, su una “base scientifica”. Una base scientifica, però, coadiuvata anche da una sorta di mediazione politica: “quando si fanno provvedimenti di questa portata - ha spiegato Draghi -, occorre tentare di arrivare ad un’unanimità. Sono provvedimenti che hanno molti risvolti etici, per questo bisogna arrivare all’unanimità, se possibile”. Proteggere la propria salute e proteggere la salute degli altri sono le ragioni che Draghi ha utilizzato per spiegare queste nuove decisioni molto dibattute in questi giorni. “Il grado di costrizione sociale a cui siamo sottoposti se il virus supera una certa soglia, dipendono dai parametri dell’ospedalizzazione. Quindi - ha spiegato -, quanto più riusciamo a ridurre la pressione, tanto più possiamo essere più liberi”.
E proprio riguardo l’ospedalizzazione, la vaccinazione e la pressione sugli ospedali, sono potuti intervenire anche il Ministro Speranza e il Coordinatore del Cts Locatelli. Il primo ha spiegato come quel poco più del 10% di italiani sopra i 12 anni che non ha ricevuto neanche una dose del vaccino occupa gran parte dei posti letto in Terapia Intensiva. “Questa piccola minoranza occupa due terzi dei posti letto in TS e il 50% dei posti in area medica. Per questo l’obiettivo del Governo è provare a ridurre l’area dei non vaccinati per ridurre la pressione sui nostri ospedali”. Il Ministro, prima di lasciare la parola a Locatelli, ha poi mostrato un grafico a supporto delle sue parole a cura dell’Istituto Superiore di Sanità, che mostrava l’effetto del Covid sulla pressione sugli ospedali differenziando le persone vaccinate da quelle non, e la percentuale dei posti occupati diminuisce drasticamente: “se vogliamo evitare morti e favorire la ripartenza del nostro paese anche sul piano economico e sociale, la strada prioritaria è ridurre l’area dei non vaccinati. E questa scelta ha piena e compiuta evidenza scientifica”.
Locatelli, dal canto suo, ha parlato delle misure del Governo rispetto alle ospedalizzazioni: non c’è stata “nessuna voce dissonante” all’interno del Cts, ha voluto evidenziare come primo aspetto. Così come “unanime” è stata la posizione sulla scuola: “è una priorità per il Cts che la scuola sia in presenza”. Poi, parlando anche dello scenario terapeutico della malattia, Locatelli ha spiegato in modo molto chiaro come il Cts attenzioni anche i “trattamenti oltre che a vaccini”. “Degli anticorpi monoclonali attivi sulla variante omicron - ha sottolineato - ve ne è solo uno che non ha perso attività. Per questo è importante identificare la variante”. “Ci stiamo attivando per l’acquisizione dei farmaci - ha illustrato -, come un farmaco che si è dimostrato efficace al 30% nel prevenire la progressione della malattia grave, e un altro (disponibile nei primi di marzo, causa disponibilità delle aziende farmaceutiche) che avrà un’efficacia dell’89%”. Ma resta comunque prioritario, secondo Locatelli, “insistere con le vaccinazioni”. E lo ha spiegato anche fornendo i dati provenienti dal Regno Unito che hanno documentato come la dose booster “dia un’efficacia vaccinale rispetto alla variante Omicron dell’88%, mentre il ciclo primario del 65%”. Concludendo il suo intervento, il coordinatore del Cts ha infine voluto sottolineare un altro fattore per lui importante: “non è corretto dire che l’Omicron è meno pericolosa della variante Delta, o che non provoca malattia grave”. E il fattore età continua ad avere un ruolo importante tra chi finisce in ospedale. Per questo “l’obbligo vaccinale sopra i 50 anni, trova validità scientifica”.
Riguardo le polemiche sulla riapertura delle scuole il premier ha evidenziato in modo netto come le “scuole aperte in presenza” siano una “priorità del governo”. Per questo, “abbiamo un dialogo continuo e costruttivo con le regioni” ha spiegato. La scuola aperta e in presenza è dunque una priorità, e lo è poiché “basta vedere gli effetti della diseguaglianza tra scolari tra chi era in DAD lo scorso anno e chi no, per capire che questo sistema, che è necessario in caso di emergenze drammatiche, provoca diseguaglianze fra giovani destinate a restare. Diseguaglianze che si riflettono su tutto il loro futuro della vita lavorativa. Non ha senso chiudere la scuola prima di chiudere tutto il resto. Probabilmente ci sarà un aumento delle classi in DAD, ma quello che bisogna respingere è un discorso di chiusura generalizzata”.
Qui è intervenuto anche il Ministro Bianchi, che ha risposto fornendo dei numeri: in primis il numero dei docenti sospesi perché no-vax, che sono lo 0,72%, un numero basso che segna il “senso di responsabilità dei nostri insegnanti”. Anche il numero di studenti positivi è “sotto controllo”. E questo, secondo le sue parole, perché durante questo periodo “non siamo stati fermi”. La DAD è uno “strumento utile se misurato in tempi specifici e integrato nei piani educativi della scuola”. “Abbiamo molto a cuore i nostri ragazzi, per questo ci muoviamo con cautela”, ha detto Bianchi.
La volontà di approvare un nuovo decreto, il quinto in 5 settimane, secondo il primo ministro è dovuta al fatto che il “quadro che si sta costruendo è diverso da quello della fase più grave della pandemia”. E dunque va modificato e riportato ai tempi. L’obiettivo ultimo rimane quello di “colpire il virus con lo strumento più importante che abbiamo, la vaccinazione, accelerandone la campagna”. Ma, allo stesso tempo, vuole “cercare di non fare come l’anno scorso, tenendo chiuso tutto. Negli anni scorsi, in media, abbiamo avuto, a causa del covid, 65 giorni in meno di scuola regolare rispetto alle medie dei paesi più ricchi del mondo, in cui i giorni sono stati 27. Dunque la scuola vuole restare aperta, ma dobbiamo farlo con sicurezza e prudenza, rispetto delle regole e fiducia. In tutto questo è essenziale essere uniti”.