Sorpresa tra le stelle. Fino a oggi gli astrofisici si sono avvalsi, tra le altre strategie, anche delle osservazioni sulla durata dei lampi di raggi gamma – rapidi fenomeni tra i più energetici dell’Universo – per identificare la natura dei corpi celesti, discriminando, ad esempio, le stelle di neutroni dalle stelle massicce o supernove. Ma presto potrebbe essere necessario rivedere questa strategia.


Un gruppo internazionale di ricercatrici e ricercatori, cui ha preso parte l’Università di Ferrara e guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha recentemente dimostrato che il lampo gamma GRB 200826A, classificato come corto e tradizionalmente associato alla fusione di due stelle di neutroni o di una stella di neutroni con un buco nero, è invece associato all’esplosione di una supernova, solitamente correlata ai lampi gamma lunghi.
La scoperta è stata possibile grazie al coinvolgimento di importanti infrastrutture: il Large Binocular Telescope (LBT) situato sul monte Graham in Arizona (USA) e il Telescopio Nazionale Galileo a La Palma, Isole Canarie, in Spagna, oltre all’Osservatorio Astronomico di Maidanak in Uzbekistan.
A spiegare la portata dell’osservazione è il professor Cristiano Guidorzi del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Unife, tra gli autori dello studio: “la scoperta è importante per vari aspetti: il primo è che dimostra come la sola durata del lampo di raggi gamma possa essere ingannevole sulla reale natura del tipo di elemento astrofisico: è quindi cruciale cercare anche altre prove discriminanti, laddove le circostanze - una distanza da noi non estrema, pur se enorme - e l'utilizzo di tecniche raffinate come le ottiche adattive, lo permettono”.
“In secondo luogo, - aggiunge Guidorzi – riuscire a discriminare un raggio gamma solo apparentemente corto dai raggi propriamente corti - ovvero prodotti dalla coalescenza di due oggetti compatti, che oggigiorno riusciamo anche a osservare tramite gli interferometri di onde gravitazionali - è importante per ricostruire correttamente tutte le informazioni che riusciamo a raccogliere nell'era dell'astrofisica multimessaggera”.
Nello studio il team dell’Università di Ferrara si è occupato di condurre l'analisi di un'altra proprietà dei raggi gamma, diversa dalla durata, che solitamente presenta valori diversi a seconda che il lampo gamma sia lungo o corto.
“Questa analisi, tecnicamente chiamata spectral lag, quantifica il ritardo con cui i fotoni più energetici precedono quelli meno energetici. La nostra misura dà un valore che è più compatibile con quello dei lampi gamma lunghi e meno con quello dei corti”, spiega ancora Guidorzi. “Da sola questa proprietà non basterebbe a determinare la classe di appartenenza, ma nel contesto di tutte le altre proprietà ha fornito un ulteriore tassello a sostegno della corretta classificazione”.
Che la distinzione tra le due classi di lampi di raggi gamma, basata sulla sola durata, potesse essere ingannevole lo si era già notato: erano stati osservati certi lampi di durata apparentemente lunga ma la cui natura era più simile a quella dei corti: “finora, però, non si era osservato così chiaramente il caso opposto, ovvero di un lampo apparentemente corto la cui natura è invece quella tipica di un evento lungo e quindi prodotto dal collasso del nucleo di una particolare stella massiccia. Questo studio ha proprio fatto luce proprio su un evento di questo tipo” sottolinea Guidorzi, e conclude: “una conseguenza importante è che gli astrofisici che studiano i lampi di raggi gamma a questo punto sono portati a riconsiderare, col senno di poi, la possibilità di una reciproca contaminazione, maggiore di quanto finora creduto, tra le due classi di lampi di raggi gamma osservati a oggi”.