Alzheimer e Parkinson potrebbero originare dallo stesso meccanismo neurodegenerativo, per poi differenziarsi in seguito. Questa è la sintesi di un articolo pubblicato recentemente sulla rivista internazionale IBRO Neuroscience Reports e scritto da tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc). I ricercatori hanno chiamato tale fenomeno neurodegenerativo “NES-Neurodegenerative Elderly Syndrome” (Sindrome neurodegenerativa dell’anziano).

Se confermata da futuri studi empirici, l’ipotesi NES potrebbe rivoluzionare la ricerca nell’ambito di queste due malattie neurodegenerative, indicando nuove strade per la diagnosi precoce e per lo sviluppo di terapie da attuare in fase precocissima, prima della manifestazione di sintomi clinici espliciti, contrastando in modo molto più efficace i processi di neurodegenerazione. In sintesi, la Nes sarebbe caratterizzata da tre stadi progressivi. Nella prima fase si ha una progressiva perdita di neuroni che producono due importanti sostanze neuromodulatrici, noradrenalina e serotonina, a causa di un danno causato probabilmente dal malfunzionamento di una proteina molto diffusa nel corpo, l’alfa-sinucleina. L’alfa-sinucleina malfunzionante può avere diverse vie d’accesso al cervello: potrebbe avere origine in situ o essere trasportata dall’intestino tramite l’asse intestino-cervello. La perdita iniziale di questi neuroni neuromodulatori non produce però nel comportamento della persona alcun sintomo evidente che possa essere riconducibile ad Alzheimer o Parkinson. Nella seconda fase iniziano a manifestarsi disfunzioni dei neuroni che sintetizzano il neuromodulatore dopamina e che si trovano in due regioni diverse del cervello: nell’area tegmentale ventrale (gestione degli aspetti cognitivi e motivazionali) e nella substantia nigra pars compacta (gestione degli aspetti motori). In base a quale sia l’area maggiormente colpita, si avrà poi Alzheimer o Parkinson.