Dopo aver lasciato l’hotel, mi sono diretta verso la stazione di Lungo e passeggiando lungo la Via Cattedrale, ho visitato la cattedrale di San Lorenzo.

La cattedrale di Lugano “San Lorenzo”

La cattedrale ha la facciata rinascimentale e all’interno gli affreschi e gli addobbi barocchi. E’ un’insieme di stili che all’interno dei secoli hanno abbellito e resa maestosa la cattedrale che dalla posizione geografica si staglia con un profilo imponente verso il lago e la città di Lugano. Di fondazione sicuramente protomedievale, la chiesa venne denominata parrocchiale già nel 818, collegiata nel 1078 e cattedrale dal 1888. Nella muratura, l'odierna costruzione è ancora per lo più romanica. Durante il tredicesimo ed il quattordicesimo secolo venne realizzato il soffitto a volte e la chiesa fu ampliata.

La facciata a vento, eretta negli anni 1500/1517, costituisce uno dei capolavori del rinascimento lombardo. Il frontespizio, quattro pilastri portanti, il cornicione mediano in linea spezzata ed una trabeazione, sono elementi disposti in modo altamente armonioso. Dopo sette anni di cantiere, la cattedrale San Lorenzo è stata riaperta nel 2017. Il costo complessivo del restauro della chiesa più grande di Lugano è di 15,7 milioni di franchi svizzeri. All’interno si trovano numerosi affreschi, che sono stati rinnovati, come pure le preziose decorazioni barocche, le finestre della chiesa e l’organo, accuratamente restaurati. L’architetto Franco Pessina ha creato maggior spazio, ricreando le proporzioni originarie del coro ristrutturato, della navata principale e delle navate laterali, e valorizzando l’antica sobrietà. Testimonianze dell’arte ecclesiastica si trovano anche nel Museo, che lo stesso architetto, ha ideato vicino alla chiesa. L’origine della chiesa risale al primo Medioevo, nell’818 è diventata chiesa parrocchiale e nel 1078 Collegiata. Dal 1888 è una cattedrale ed è oggi inserita nell’Inventario dei beni culturali svizzeri. 

Finita la visita mi sono recata a Castagnola, dove ho raggiunto,  Villa Heleneum, sede della Fondazione Bally. All’ingresso del giardino ho incontrato  Martin Hellrich resposabile delle relazioni pubbliche della  della Bally Foundation. 

 

Bally Foundation 

Creata nel 2006, la Bally Foundation estende e amplifica il desiderio del marchio, fin dalla sua nascita nel 1851, di collaborare con talenti creativi e visionari e di spingere i confini della ricerca e dell’innovazione oltre il campo della moda. Concepita per sostenere la creatività in diversi campi, lavora da tempo a fianco di diverse istituzioni artistiche e culturali e di giovani artisti e da oltre quindici anni, la fondazione sostiene e costruisce una solida rete di relazioni all’interno della scena intellettuale e artistica locale, oggi sembra essenziale mettere in luce una scena artistica emergente e confermata, sempre più attenta alle tematiche ecologiche e contemporanee, e aprire la riflessione alla scena internazionale. L’idea di ancorarsi al proprio tempo continua oggi attraverso il desiderio di dare una casa alla Fondazione che, dopo l’apertura della nuova sede, compie una svolta nella sua storia con un luogo dedicato all’arte contemporanea in tutte le sue forme: Villa Heleneum.

 Giardino: 

Prima di entrare nella villa, l’azzurro del cielo e dell’acqua del lago, hanno dato maggior risalto al verde delle numerose piante presenti nel grande giardino della dimora storica, un piccolo gioiello situato sulle rive del lago di Lugano, che gode di  una posizione molto soleggiata e protetta dalle correnti fredde. Grazie al microclima particolare, il parco, progettato negli anni '30 del XX sec. secondo i dettami dello stile Liberty, sorprende con una ricca vegetazione mediterranea, aranci, limoni, palme da dattero, palme del Cile, Cycas, che si trovano solo in questa zona del Luganese.

 Villa Heleneum 

La Villa, di stile neoclassico, ha ospitato fino al 2015 il Museo delle Culture,  di Lugano che oggi si trova a  Villa Malpensata. Dal 2023 la villa ospita invece la Bally Foundation, dedicata all’esposizione di mostre di arte contemporanea in tutte le sue forme, propone due esposizioni temporanee all’anno.

La storia dell'edificio, come quella del giardino, è legata alla figura di Hélèn Bieber, ballerina d'avanspettacolo a Parigi, che attiva un centro d'incontri a carattere mondano e culturale nella sua dimora luganese. Hélèn Biber muore nel 1967, dopo una vita decisamente movimentata, e la proprietà viene acquistata dal Comune di Lugano che, per oltre un ventennio, la destina a molteplici funzioni. Gli arredi originali anni trenta,  del parco, come le scale, le colonne, la grotta in sasso di tufo, le ringhiere ed i cancelli in ferro battuto rappresentano, insieme alla vegetazione particolare, una combinazione unica per i parchi di Lugano.

 La mostra “Sometimes we are eternal” di Sarah Brahim 

 All’interno della villa, con una guida ho visitato la mostra “Sometimes we are eternal,” prima mostra personale dell’artista saudiamericana Sarah Brahim.  Il titolo, parte dal saggio del filosofo  Spinoza che nel 1677,  nella sua “Etica”, affermava che lo  spirito non può essere distrutto assieme al corpo e che, sapendo questo, “sappiamo per esperienza che siamo eterni” , ma l’eternità e il suo concetto infinito è stato interrotto trecento anni dopo dal filosofo francese  Alain Badiou  che ha aggiunto la parola “a volte” a questa affermazione: a volte siamo eterni, e grazie a questo avverbio, riesce a collocare l’eternità nel tempo . Questo “a volte”, che cambia la percezione dell’eternità, sembra indicare una sensazione, un momento, e propone un nuovo rapporto tra finito e infinito, tra verità universali e corpi particolari. Una volta fissata l’eternità sappiamo di doverla fissare sulla non infinità del momento in cui accade. 

L’artista in questa esposizione ripercorre gli ultimi dieci anni della sua vita la distanza temporale che separa questo progetto da un evento che ne ha cambiato il corso, la tragica scomparsa della madre. 

Il tempo, la danza, il dolore interiore, fanno fare al visitatore un’introspezione inaspettata, e la partecipazione emotiva alle opere è assicurata.

La tranquillità del luogo, immerso in un silenzio solenne, cullato da raggi di sole riflessi sul lago fanno si che le opere si integrino e diventino parte integrante della villa, diventando opera dentro un’opera, un passaggio continuo di stimoli emozionali. 

Una pausa dal tempo, e una costruzione di un nuovo tempo. Se il tempo è relativo anche i passi di danza si infrangono e si perdono all’interno.

L’esposizione si divide in due piani, il primo, “Ritmo e materia”, dove l’intimità della riflessione è già nella prima opera dove due impulsi fisici, vengono connessi nella video istallazione “The second sound of echo”, dove il padre in una sfrega due pietre seguendo il ritmo cardiaco, nella secondo l’artista, balla al ritmo  dato delle pietre, la mostra è un susseguirsi di interiorità e sperimentazione materica, l’opera con l’argilla su tela, dove lei ballando sfoga i suoi tumulti interiori si sviluppa in una tela a doppio senso, dove l’opera e la performance non finisce in un lato della tela ma viene catturata dall’altra. Il confronto  tra l’artista e l’interiorità  lo fanno i materiali e le attrezzature usate per realizzarle.

Passi di danza cristallizzati nell’eternità di un video, una passeggiata al mare lentissima che segue il respiro dell’artista grazie ad una videocamera che posizionata sul diaframma filma il movimento, un faro, luminoso, che ha una luce che non lascia mai la mostra, perché si infrange e riproduce continuamente. Il pavimento originale della villa, è stato ricoperto da uno vinilico lucido bianco, questo permette una fruizione piena delle opere che in base alle luce del giorno, si riflettono e avvolgono le sensazioni fino alla fine del percorso espositivo. Sarah Brahim esplora nei suoi video e nelle sue foto: il camminare, il respirare, l’alzarsi, il cadere...  le coreografie sono semplici, gli abiti minimali a volte a valore cromatico a contrasto  a cui si aggiungono elementi intermediabili come la luce, l’acqua e il suono. Corpo-memoria, corpo-medium, corpore incarnato interrogano la nostra presenza al mondo, la traccia che vi lasciamo, trasformando il protocollo del camminare in una partitura paesaggistica. In questo modo, le dieci stanze che compongono Sometimes we are eternal sono ciascuna una piccola sfumatura di un tema più ampio, in cui ogni opera parla quasi da sola. L’incertezza spaziale,  fa in modo che i corpi, non siano più al centro della scena ma si integrano con l’architettura, e l’artista fa riferimento al lavoro dell’architetto italiano di Aldo Rossi, dove l’essenziale è mettere in relazione il presente e il passato, fermando l’attimo in un momento quasi eterno. 

L’esposizione sarà visibile fino a fine aprile.  

 Biografia: Sarah Brahim

Nata nel 1992, vive e lavora tra Riyadh (Arabia Saudita), Portland (USA), New York (USA) e Milano (Italia).

Sarah Brahim è un’artista saudita formatasi al Conservatorio di San Francisco, alla London School of Contemporary Dance e alla Oregon Health and Science University. Nata da una pratica concreta e fisica e da una comprensione analitica del corpo, la ricerca di Sarah Brahim fa parte di un approccio olistico in cui il centro - il corpo - è preso in considerazione in tutte le sue forme, senza gerarchie. Influenzato da molteplici pratiche, sociali, filosofiche e architettoniche, il suo lavoro richiede di essere colto attraverso diverse angolazioni e conoscenze, come la danza del tip tap, la sua prima formazione, che è sia una danza profondamente sentimentale per l’artista, ma soprattutto una danza tra il movimento, lo spostamento, la salita, il ritmico e lo strumentale.
Combinando video, installazioni, performance, fotografia, tessuti e suoni, il lavoro immersivo e inclusivo di Sarah Brahim utilizza il proprio corpo e quello degli spettatori per interrogarsi sulla loro capacità di trasformazione attraverso l’esperienza. Abituata a installazioni video multischermo complesse e su larga scala, Sarah Brahim ha presentato in particolare un’installazione video alta 14 metri nello spazio pubblico per il Noor Riyadh Festival. Intitolata De Anima e collocata sotto un ponte, questa installazione fuori scala ha messo in discussione la nozione di legame e di luce, per la quale l’opera stessa aveva un significato pari al suo contenuto. Per la Biennale di Lione, Manifesto della fragilità, Sarah Brahim ha presentato due serie: un’installazione video intitolata Soft Machines/Far Away Engines, composta da 8 schermi sparsi nello spazio, che esplora il respiro e il fenomeno della trascendenza attraverso la danza improvvisata di performer proiettati in scala 1, e una serie più intima di cianotipi stampati su tessuto intitolata Who We Are Out of the Dark, che fa riferimento alla ricerca sull’epigenetica dei gesti e dei corpi.
Il lavoro di Sarah Brahim è stato presentato alla Biennale Islamica (2023), alla Biennale di Lione (2022), alla Biennale di Diriyah (2022) e al Noor Festival Contemporary Light Art (2022). Nel 2023 è stata in residenza al Watermill Center di Robert Wilson a New York e ha ricevuto la Baroness Nina von Maltzahn Fellowship for the Performing Arts. Come performer ha collaborato con Ohad Narhin, Lea Anderson e Ori Flomin. E selezionata per il Richard Mille Art Prize 2023 et esporrà al Louvre Abu Dhabi tra Novembre e Febbraio 2024.

Villa Heleneum - Bally Foundation

Via Cortivo 24 | 6976 Lugano
T +41 91 922 00 07 | This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. |
ballyfoundation.ch

 

 

 

Il Sentiero del Gandria

Proprio a pochi passi dalla Fondazione Bally, c’è un percorso naturalistico “Sentiero di Gandria”,  che io ho raggiunto camminando solo duecento metri, ma si può partire dal parcheggio di San Domenico a Castagnola, per chi arriva in auto, ma visti i pochi parcheggi,  meglio usare i mezzi pubblici dal centro di Lugano. Poco dopo essere passati sotto un pittoresco arco che segnala l’inizio del sentiero, si può scegliere se continuare lungo il percorso principale fino a Gandria oppure prendere la deviazione che sale al Parco degli ulivi e tornare sul sentiero in riva al lago più avanti.
Il sentiero è immerso nella quiete, e costeggia il Ceresio in una splendida cornice naturale con magnifici panorami sul lago e sulle montagne circostanti. La tranquillità e il silenzio caratterizzano questa via che si snoda tra fiori e arbusti tipicamente mediterranei per giungere a uno dei più pittoreschi villaggi di tutto il Ticino.

 

 

Il grande Parco degli ulivi, che occupa circa 20 mila metri quadrati, è situato sulle pendici del Monte Brè ed essendo esposto a sud e protetto dai venti gode di un clima mite anche nella stagione invernale. Infatti, oltre agli ulivi, vi crescono cipressi, mirto, alloro e in primavera i prati ospitano colorate fioriture. La forte pendenza del terreno si supera grazie a scalinate e sentieri che si inerpicano fino a raggiungere bei terrazzamenti con panorami sul lago e sulle montagne tra cui spicca il San Salvatore. 
Gandria è un affascinante villaggio che si specchia nel lago; con il suo insieme di casine e case appoggiate le une alle altre, merita una visita senza fretta. Tra i vicoli e le scalinate si possono scovare angoli deliziosi, minuscoli giardini terrazzati, vecchi muri abbelliti da qualche affresco. A testimoniare l’importanza dell’ulivo in passato, l’imponente “ulivo del Carlin” vicino al piccolo porto e una mola in pietra che serviva a frantumare le olive per estrarne l’olio, collocata nei pressi del municipio.
Oltre che per la sua grande bellezza paesaggistica, il sentiero di Gandria è unico in Svizzera per la varietà delle specie vegetali e animali presenti nell'area, per questo, il sentiero che si snoda in paesaggi paradisiaci è iscritto nell'Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali di importanza nazionale.

Camminando, vi consiglio di non togliere mai lo sguardo dal paesaggio, lungo il sentiero sorge su una formazione rocciosa calcarea originaria del giurassico (Calcare di Moltrasio) con depositi più recenti (risalenti all'età quaternaria), la flora e’ tipica dell'area insubrica, ma anche dell'area mediterranea.

Chilometri nel verde, immersi nel silenzio, con la risacca del lago che culla i visitatori in cerca di un angolo di pace immerso a picco sul lago. 

 

Ticino Turismo
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