Con “Venere. Natura, ombra e bellezza”, a cura di Claudia Cieri Via, si è aperta il 12 settembre la terza tappa del progetto espositivo Venere divina. Armonia sulla terra prodotto da Fondazione Palazzo Te a Mantova.
Una mostra che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso e che, attraverso importanti prestiti internazionali –

dalla Biblioteca Apostolica Vaticana al Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles, dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, all’Akademie der bildenden Künste di Vienna e molti altri –, è un’occasione unica per esplorare i diversi volti della dea che hanno popolato l’arte europea e italiana del Cinquecento, mostrandone le luci e le ombre, il fulgore e il furore, e ripercorrendo immaginari e rappresentazioni capaci di esercitare il loro fascino fino ai giorni nostri.
Da Lucas Cranach a Peter Paul Rubens, dalle monete romane ai Libri d’ore, da Dosso Dossi a Guercino, da Paris Bordon al Veronese, l’esposizione Venere. Natura, ombra e bellezza restituisce la mutevolezza dell’immagine della dea lungo un arco temporale che va dal II secolo a. C. al Seicento.
Venere è una figura prismatica: nasce dalle acque come Venere celeste, presiede alla rigenerazione della natura come Venere primavera; sposa di Vulcano, è amante di Marte e innamorata di Adone, ma soprattutto madre del pericoloso Cupido e con lui testimone di amori infelici, molteplici valenze che è possibile ripercorrere nelle sale di Palazzo Te.
Il progetto espositivo, articolato in nove sezioni, si apre con esempi di statuaria antica, che rappresentano una Venere celeste e intangibile simbolo della perfetta bellezza e dell’amore virtuoso, insieme a un prezioso esemplare del De Rerum Natura di Lucrezio appartenuto a Papa Sisto IV.
Il percorso prosegue con altri importanti manoscritti miniati in cui la dea è protagonista di favole e miti sulla natura in cui si materializzano i suoi poteri e le sue vicende. Il dipinto Venere e Mercurio presentano a Giove Eros e Anteros del Veronese (Gallerie degli Uffizi, Firenze) ritrae una Venere che presiede alla generazione e ai piaceri amorosi, un buon auspicio nuziale. La Venus genetrix, presente anche in due delle monete antiche esposte in mostra, sovrintende l’armonia con la natura, aspetto cruciale nella progettazione delle ville del Rinascimento.
La mostra presenta anche opere che consacrano Venere dea della bellezza in cui Venere è la ninfa leggera caratteristica delle rappresentazioni del Rinascimento arrivate fino ai giorni nostri, nelle figure di Gradiva o nelle danze di Isadora Duncan. Ma se Venere è vitalità e movimento, può essere anche immagine del risveglio dei sensi e della natura come nell’opera di Dosso Dossi della Collezione Magnani di Bologna.
La raffigurazione di Venere, nuda e perfetta, apre una finestra anche sul tema del modello: l’idea che si potesse prendere come soggetto una bellezza contemporanea, affiora all’inizio del Cinquecento, quando si teorizza l’esistenza delle Veneri viventi, muse ispiratrici degli artisti.
La mostra prosegue nelle stanze di Palazzo Te, luoghi in cui Venere è costantemente raffigurata. Con lei si misurano le donne contemporanee – che il paragone letterario spinge verso il modello mitologico – le cui immagini vengono raggruppate, come quelle della dea e di eroine antiche, in camerini tematici, chiamate le stanze delle Belle da cui proviene anche l’olio su rame di Jacopo Zucchi La pesca del corallo.
La natura complessa e inafferrabile della dea e delle sue raffigurazioni è testimoniata anche da uno sguardo alle forze magiche e irrazionali a cui attingono gli esseri umani quando si tratta di conquistare un amante riluttante; pozioni e incantesimi sono strumenti di Venere, ma di una Venere rovesciata, pericolosa, ingannevole che si ritrova nelle opere di Lucas Cranach, di Albrecht Dürer, di Dosso Dossi e velatamente nel dipinto di Paris Bordonproveniente dalla collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid. La mostra si conclude con una sezione dedicata a Venere vincitrice dove, tra gli altri, troviamo Il giudizio di Paride di Peter Paul Rubens proveniente dalla Akademie der bildenden Künste di Vienna e Venere, Cupido e Marte di Guercino, capolavoro che richiama lo spettatore all’interno del quadro coinvolgendolo in un dialogo intimo con la divinità.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira (24 × 28 cm, 216 pagine 120 colori e b/n, brossura) con saggi di Claudia Cieri Via, Roberto Nicolai, Giuseppe Capriotti, Philippe Morel, Massimiliano Simone, Emilio Russo, Francesca Cappelletti, Stefano L’Occaso e un’introduzione di Stefano Baia Curioni.
Con “Venere. Natura, ombra e bellezza” Fondazione Palazzo Te ribadisce un approccio culturale basato sulla cura della relazione con il patrimonio storico come atto di cultura contemporanea: metodologia che ha preso forma già nel 2019 con Tiziano/Gerhard Richter. Il cielo sulla terra e in seguito con “Giulio Romano. Arte e Desiderio” (2020), di cui il programma “Venere Divina. Armonia sulla terra” è l’ultimo capitolo.
Il programma “Venere divina. Armonia sulla terra” è stato inaugurato a marzo con Il mito di Venere a Palazzo Te, proseguito in estate con l'esposizione di Venere che benda amore di Tiziano, e, dopo la mostra Venere. Natura, ombra e bellezza, si concluderà a dicembre con l’esposizione in appendice del dipinto Venere con cupido di Moretto (1545-50ca) proveniente da una collezione privata mantovana.
Il progetto è organizzato e prodotto da Fondazione Palazzo Te e Museo Civico di Palazzo Te, promosso dal Comune di Mantova con il patrocinio del MiC, il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Banca Agricola Mantovana, il sostegno di Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani e il supporto tecnico di Glas Italia, Pilkington, iGuzzini. Il progetto espositivo è a cura di Lissoni Associati, il progetto grafico è sviluppato da Lissoni Graphx.