La gelida principessa Turandot ha giurato di donarsi in sposa a chiunque fosse riuscito a risolvere tre suoi enigmi; chi fallirà la prova, sarà messo a morte. Ultimo sfortunato pretendente alla sua mano è il Principe di Persia, condotto al patibolo davanti ad una folla fervente.
Tra la folla il vecchio Timur (Re dei Tartari ormai fuggitivo) e la sua fedele schiava Liù, ritrovano il giovane Calaf, figlio dell'anziano Re deposto.
Appena vede la principessa Turandot, Calaf se ne innamora e decide di sottoporsi alla prove degli enigmi. Nulla possono i tentativi di suo padre e dei tre ministri Ping, Pong e Pang di dissuaderlo. Il giovane Principe Tartaro risolve i tre enigmi; disperata Turandot chiede a suo padre (l'imperatore Altoum) di non darla in sposa allo straniero.


Calaf allora propone a Turandot una sua sfida: qualora lei riuscisse entro l'alba a scoprire il suo nome, potrà giustiziarlo ed essere libera dal giuramento.
Ping, Pong e Pang cercano di corrompere il giovane per fargli dire il suo nome, sapendo di quali crudeltà sarebbe capace Turandot per raggiungere il suo scopo.

Timur e Liù vengono portati davanti alla principessa. Liù viene torturata per farle dire il nome del Principe. Sapendo di non poter resistere per molto, la giovane schiava ruba un pugnale ad una guardia e si toglie la vita.
Calaf affronta allora la principessa Turandot. Con l'impeto del suo amore, riesce a vincere le difese della principessa, rubandole un bacio.
Ormai vinta, Turandot si abbandona a Calaf. Il Principe decide allora di donarle il suo destino confidandole il suo nome poco prima del sorgere dell'alba.
Sulla piazza antistante il palazzo imperiale, Turandot dichiara alla folla di conoscere il nome dello straniero: il suo nome è Amore.

Turandot

Giacomo Puccini (1858-1924)

Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni basato sulla versione frammentaria di Carlo Gozzi

 

Direzione musicale Robert Treviño 

Produzione Sebastian Baumgarten 

Scenografia Thilo Reuther Costumi Christina Schmitt 

Progetto luci Elfried Roller Video Philipp Haupt 

Produzione corale Janko Kastelic 

Coreografia Sebastian Zuber 

Drammaturgia Claus Spahn

Turandot Anna Pirozzi

Altoum Martin Zysset

Timur David Shipley

Liù Elbenita Kajtazi

Il Principe Ignoto (Calaf) Piero Pretti

Ping Xiaomeng Zhang

Bang Cameron Becker

Pong Nathan Haller

Un Samson Setu al mandarino

Vieni da Edith Missuray

Shijia He (30 giugno / 06, 12 luglio)

Rosa Maria Hernandez (03, 09 luglio)

Selena Colombera (03, 09 lug)

L'interprete Laetitia Kohler

Kilian Haselbeck

Alison Adnet (Il principe persiano)

Olivier Ometz

Anna Virkkunen

Benjamin Mathis (Pu-Tin-Pao)

Manel José Salas Palau

Steven Foster

Filarmonica di Zurigo

Coro dell'Opera di Zurigo

Nuovi arrivati ​​del coro

Coro aggiuntivo all'Opera di Zurigo

SoprAlti dell'Opera di Zurigo

Coro di bambini

 

 Durata circa 2 ore e 10 minuti compresa una pausa dopo il primo atto dopo circa 35 minuti.

 

 

Atto I

Un mandarino annuncia pubblicamente un editto: Turandot  figlia dell'imperatore Altoum, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti il vecchio Timur che, nella confusione, cade a terra, e la sua schiava fedele Liù, che chiede aiuto. Un giovane di nome Calaf si affretta ad aiutare il vegliardo e lo riconosce come suo padre, re tartaro spodestato e rimasto accecato nel corso della battaglia che lo ha privato del trono. I due si abbracciano commossi e Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome: ha paura, dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre. Nel frattempo il boia affila le lame preparandole per l'esecuzione, fissata per il momento in cui sorgerà la Luna, mentre la folla si agita ulteriormente.

Ai primi chiarori lunari entra il corteo che accompagna la vittima. Alla vista del principe, la folla, prima eccitata, si commuove per la sua giovane età, invocandone la grazia. Turandot allora entra e, glaciale, ordina il silenzio al suo popolo, e con un gesto dà l'ordine al boia di giustiziare il principe che viene ucciso senza pietà.

Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot e decide di affrontare la sfida e risolvere i tre enigmi. Timur e Liù provano a dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale. Tre figure lo fermano: sono Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno. Anche loro tentano di convincere Calaf a desistere dal suo proposito, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Il principe, però, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.

Atto II

 

Il vasto piazzale della Reggia, bozzetto per Turandot atto 2 scena 2 (1924). 

È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri del regno, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.

Sul piazzale della reggia intanto tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. C'è una lunga scalinata in cima alla quale si trova il trono in oro e pietre preziose dell'imperatore. Da un lato ci sono i sapienti, i quali custodiscono le soluzioni degli enigmi, dall'altro ci sono il popolo, il Principe ignoto e i tre ministri. Altoum invita il principe ignoto, Calaf, a desistere, ma quest'ultimo rifiuta. Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra in scena Turandot. La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era finita nelle mani di uno straniero. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo aveva inventato questo rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf invece riesce a risolverli uno dopo l'altro: la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero, ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.

Atto III

È notte. In lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire a Pechino e il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte. Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere, ed intona la famosa aria Nessun dorma. 

Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non svelerà mai questo nome. La donna subisce molte torture ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot, che le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, al che Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.

Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma torna a essere la solita gelida principessa: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di uno sconvolto Calaf. Il vecchio Timur, essendo cieco, non comprende immediatamente quanto accaduto; quando la verità gli viene infine cinicamente rivelata dal ministro Ping, il deposto sovrano abbraccia distrutto il corpo senza vita di Liù, che viene portato via seguito dalla folla in preghiera.

Turandot e Calaf restano soli. In un primo momento Calaf è adirato con la principessa, che accusa di aver provocato fin troppo dolore in nome del suo odio e di essere ormai incapace di provare sentimenti (Principessa di morte), ma ben presto all'odio si sostituisce l'amore di cui Calaf è incapace di liberarsi. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'aveva visto e di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Turandot tuttavia è molto orgogliosa e supplica il principe di non volerla umiliare, e lui accetta di morire, presentandosi finalmente come Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il suo nome, potrà quindi perderlo, se vuole.

Davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore».

Tra le grida di giubilo della moltitudine, la principessa Turandot, felice, si abbandona tra le braccia di Calaf e accetta di sposarlo.

La folla inneggia festante ai due futuri sposi.

 

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