L’origine della balenottera azzurra, il più grande animale vivente sul nostro pianeta, rappresenta un problema ancora irrisolto. Questa particolare specie, che può superare i 30 m di lunghezza e le 70 tonnellate di peso, ha la capacità di organizzare e strutturare le catene alimentari oceaniche. Grazie ai fanoni, una sorta di filtro con cui questi animali estraggono grandi quantità di invertebrati dall’enorme mole d’acqua che entra nella loro bocca, migliaia di prede vengono catturate e ingurgitate.

Si è tenuto a Wellington, dal 5 al 16 febbraio, il primo meeting per il lancio internazionale del progetto CATALYST, finanziato dal governo neozelandese, che vede la collaborazione tra il GNS Science (Te Pū Ao) in Nuova Zelanda e, per l’Italia, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e l'Università di Genova. Il progetto si focalizza sulla valutazione degli effetti di amplificazione sismica di sito sulle stazioni della rete sismica neozelandese ed è stato il primo a inserirsi nel Memorandum of Understanding (MuO) siglato recentemente tra l'INGV e il GNS Science. “Durante un terremoto”, spiega Marta Pischiutta referente INGV del progetto, “le condizioni geologiche locali di sito possono amplificare le onde sismiche, con potenziali, gravi conseguenze per le infrastrutture, come evidenziato sia in Italia, che nei recenti terremoti neozelandesi di Canterbury.

L’Ambasciata d’Italia ad Abu Dhabi ha celebrato la giornata dello spazio con un seminario dedicato alla collaborazione tra Italia e Emirati Arabi Uniti nel settore spaziale. L’evento si è tenuto presso la Khalifa University, la più prestigiosa università dedicata alle scienze applicate degli Emirati Arabi Uniti, e ha visto la partecipazione di circa 100 persone tra studenti, ricercatori, esperti e membri delle forze armate emiratine. Il seminario si è articolato in tre sessioni dedicate ai progetti di collaborazione esistenti tra Italia e Emirati, alle recenti scoperte nel campo dell’esplorazione spaziale e alle tecnologie spaziali sviluppate presso la Khalifa University, dove operano anche molti ricercatori italiani.

Un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a tracciare per la prima volta il più esteso campo magnetico all’interno di un ammasso di galassie. L’ammasso in questione è quello di “El Gordo”, il più massiccio mai osservato a grandi distanze, risalente a quando l’universo aveva circa 6,2 miliardi di anni, poco meno di metà della sua età attuale. I risultati – pubblicati su Nature Communications – offrono nuove fondamentali indicazioni per la comprensione della composizione e del processo di evoluzione degli ammassi di galassie.

Il progetto Space It Up, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dalMinistero dell’Università e della Ricerca (MUR), riunisce l'expertise italiana nella scienza e nell'ingegneria spaziale, ponendo l'Italia in prima linea nella ricerca sull'osservazione e la protezione della Terra, l'esplorazione extraterrestre, i satelliti artificiali e il tele-rilevamento. L'ambizioso partenariato, i cui lavori in fase progettuale sono stati  coordinati dal Politecnico di Torino, in particolare dal professor Erasmo Carrera, supportato dai colleghi di Ateneo, tra cui Sabrina Corpino, Marco Petrolo, Alessandro Battaglia, Giovanni Ghione, Piero Boccardo e  Alfonso Pagani, è composto da 33 membri, tra cui università, centri di ricerca e aziende, che lavoreranno insieme per promuovere la collaborazione e l'innovazione nel settore spaziale con una dotazione di 80 milioni di euro.

È  nella base italo-francese Concordia sul plateau antartico, che è iniziata la missione invernale,  a oltre 3mila metri di altezza e a 1.200 chilometri dalla costa, la 20a campagna invernale del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestita dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, dall’ENEAper la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale -OGS per la gestione tecnica e scientifica della sua nave da ricerca Laura Bassi.

Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull’Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l’origine è uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università delle Svalbard. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Science of the Total Environment. L’obiettivo del lavoro era fornire la prima panoramica della presenza ambientale dei prodotti per la cura personale in Artico, fornendo dati sulla loro distribuzione spaziale e stagionale nel manto nevoso.

 Utilizzare l'Intelligenza Artificiale per sostenere le decisioni umane, aumentando efficienza e sicurezza nel funzionamento delle infrastrutture critiche. È questo l'obiettivo del progetto europeo Horizon Europe AI4REALNET - AI for REAL-World network operation. Il progetto, guidato dall'istituto di ricerca portoghese INESC TEC, coinvolge i Dipartimenti di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e altri partner da Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Svezia e Austria, promuove la collaborazione tra esseri umani e intelligenza artificiale. L'obiettivo è supportare le decisioni degli operatori umani, creando le condizioni per la decarbonizzazione di settori cruciali come energia e trasporti. Non si tratta di sostituire gli esseri umani con l'IA, ma di garantire che questa emerga come supporto per decisioni più rapide e persino pianificare autonomamente specifici compiti.

La robotica è sempre più presente nelle aziende: viene utilizzata per gestire sistemi di controllo industriale e processi produttivi. Sostituisce il lavoro manuale, aumenta la velocità delle prestazioni, è efficace nei lavori di meccanica ad alta precisione. Macchinari sempre più tecnologici richiedono però continui aggiornamenti e nuove task per le operazioni da eseguire, senza contare il loro impatto ambientale per il loro smaltimento una volta diventati desueti. 








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