Nel secondo trimestre, dopo l’aumento registrato nei tre mesi precedenti, il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato ha segnato una flessione (-0,4%, la stima preliminare era -0,3%). La variazione acquisita per il 2023 è ora pari a 0,7%. Tra le componenti aggregate, la domanda interna al netto delle scorte ha fornito un contributo negativo (-0,7 punti percentuali), le scorte un contributo positivo (+0,3 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda estera netta è stato nullo, con un calo di uguale entità delle importazioni e delle esportazioni di beni e servizi (-0,4% le variazioni congiunturali.

Lo rileva l’Istat nella nota mensile sull’andamento dell’economia italiana. I consumi finali nazionali sono diminuiti dello 0,3% rispetto al trimestre precedente a sintesi di un forte decremento della spesa delle AP (-1,6% in termini congiunturali) e di una stazionarietà della spesa delle famiglie residenti e delle ISP. La spesa delle famiglie ha mostrato un aumento per i servizi e i beni durevoli (le variazioni sono state rispettivamente +2,4% e +0,7%), i beni semidurevoli e quelli non durevoli sono invece diminuiti (-1,7% e -2,5% le rispettive variazioni rispetto ai tre mesi precedenti). Gli investimenti hanno registrato il calo più marcato tra i principali aggregati del Pil dopo gli aumenti dei due periodi precedenti (-1,8% in termini congiunturali). La contrazione è stata determinata dalla flessione della spesa in abitazioni e fabbricati non residenziali e altre opere (rispettivamente -3,4% e -3,8%) e quella più contenuto della spesa in impianti, macchinari e armamenti (-0,2%), a fronte di un aumento degli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale (+0,4%).