"La 'lucanità' mi ha fatto prigioniero col vecchio trucco di lasciarmi libero di andare dove mi pareva. La lucanità vive nella sua geografia, a tratti rigogliosa ed esplicita, a tratti lunare e taciturna, da una parte boschi, vigne, grano, dall'altra occasioni per fare la poesia. La Basilicata è timida, gentile, discreta, interna e per lunghi anni praticamente irraggiungibile. Molti di noi i nostri sogni siamo andati a realizzarli altrove, ma è lì che li abbiamo fatti, è da lì che abbiamo immaginato il mondo, è lì che inconsciamente abbiamo allenato la capacità di affrontare il viaggio".

Così lunedì 19 febbraio a Roma presso l'Ara Pacis Rocco Papaleo, con la sua multiforme sensibilità artistica di attore, regista, sceneggiatore e musicista ha espresso lo spirito e la visione della candidatura di Maratea a Capitale Italiana della Cultura 2026. Una candidatura diffusa e partecipata, fatta di alleanze e soprattutto comunità, dei lucani che vivono in Italia e nel mondo e possono essere ponti per lo sviluppo economico, sociale e culturale non solo della Basilicata, ma dell'Italia intera. Di fronte a una platea di oltre duecento persone e in un luogo dal valore simbolico come l'Ara Pacis, si sono alternati esponenti della cultura e delle istituzioni, dal Ministero degli Esteri alla Basilicata, da Maratea a Moliterno che hanno condiviso un progetto innovativo e allo stesso tempo teso al recupero della condivisione, della fusione di popoli e culture "Credo che sia importante per portare avanti questo progetto riferirsi a cinque parole che sono l'emblema di quello che rappresentano questa candidatura e questo dossier - ha dichiarato il professor Nicola Cavallo, prorettore dell'Università degli Studi della Basilicata -. Queste parole sono coinvolgimento, coesione, comunità, condivisione e cultura per costruire tutte assieme una nuova narrazione di questo territorio che è il crocevia nel Mediterraneo tra Nord e Sud, tra l'Europa, l'Africa e l'Asia".